Il Professor Alberto Banfi, Professore ordinario di economia degli intermediari finanziari nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, affronta il tema del Debito pubblico.

Il diffondersi della pandemia ha creato degli effetti su alcune grandezze; una tra queste è il debito pubblico, che quindi è una grandezza importante, nota e da sempre sottoposta ad attenzioni da parte dei regolatori ma anche da parte di tutte le persone coinvolte attente all’economia di un paese.

Il debito pubblico nel nostro paese, come un po’ in tutti i paesi del mondo, è cresciuto durante la pandemia proprio per gli interventi necessari in emergenza che sono stati attuati per sostenere determinate categorie di persone particolarmente afflitte dagli effetti della pandemia.

Per capire quanto questa espansione è stata rilevante, e soprattutto gli effetti che potrà avere in futuro, bisogna ricordare che il debito pubblico si forma grazie a un fabbisogno annuale che dipende dalle entrate, sotto forma di tasse che riceve uno Stato, e dalle spese che questo stesso Stato deve sostenere; questo fabbisogno è chiamato “fabbisogno netto”, e in questi ultimi due anni è stato particolarmente rilevante. Se andiamo a sommare lo stratificarsi dei vari fabbisogni netti negli anni precedenti si arriva a quella “montagna” di debiti rappresentata dalla consistenza complessiva del debito pubblico del nostro paese, come anche degli altri paesi.

Ma questo debito chi lo paga? Come viene sostenuto? Nell’esperienza italiana una parte consistente – circa l’80% – di questo debito pubblico viene finanziata dai cittadini e dagli investitori retail istituzionali, dalle banche, attraverso la sottoscrizione di titoli pubblici. È opportuno ricordare che la stragrande maggioranza di questi titoli pubblici al momento è rappresentata da BTP, cioè da degli strumenti relativamente semplici con durata medio lunga e un tasso di interesse comunque abbastanza basso e fisso. Quindi in questo momento il nostro debito pubblico, sicuramente consistente, è finanziato prevalentemente dagli investitori.

Resta però da chiedersi quanto questo debito pubblico è sostenibile in rapporto allo stato di salute dell’economia; solitamente si prende in considerazione questo rapporto tra debito pubblico e PIL (Prodotto Interno Lordo). Al momento questo rapporto è pari al 160%, contro una media dei paesi in Europa che è al 90%; questo fa capire come la nostra situazione deve essere sottoposta a particolare attenzione. Non solo, noi siamo al 160% circa partendo dal 130% prima della pandemia, quindi l’incremento è stato particolarmente notevole.

Che cosa bisogna fare, cosa dobbiamo attenderci? Sicuramente dovremo intervenire per ridurre l’entità del debito pubblico. Le prospettive non sono così particolarmente rosee perché anche se la pandemia viene sconfitta, e quindi è possibile una ripresa, tutto ciò prevede comunque un incremento dei tassi di interesse che vanno dunque a gravare ulteriormente sul debito pubblico, dato che abbiamo tanti titoli in circolazione per cui devono essere remunerati gli investitori. Quindi, se vogliamo rientrare da questa situazione di rapporto debito pubblico-PIL molto più elevata rispetto agli altri paesi, forse è necessario concentrarsi non soltanto sulla riduzione del debito pubblico, ma anche sull’incremento del denominatore di questo rapporto, cioè il PIL. Ciò significa che dobbiamo fare di tutto per sviluppare la crescita, l’economia del nostro paese. L’Europa ci sta aiutando, pensiamo al PNRR, pensiamo a tutta una serie di interventi che sono stati fatti. Non bisogna sprecare questa occasione, l’occasione cioè di intervenire su quel rapporto particolare non soltanto al numeratore, ma soprattutto facendo crescere l’economia, aumentando il Prodotto Interno Lordo.

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Young Factor

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