Il Professor Lapo Cecconi, docente dell’Università degli Studi di Firenze, illustra il tema dei cambiamenti della sicurezza e della privacy sul web.

Parlando di privacy partiamo da alcune parole che Mark Zuckerberg, CEO di Facebook (oggi META) ha espresso annunciando una sorta di “fine della privacy”. Ormai gli utenti condividono senza problemi le informazioni personali online: le norme sociali cambiano nel tempo e così è anche per la privacy. Mark Zuckerberg con questa frase, con questo breve discorso fatto nel 2010, ha dato vita a un ampio dibattito sul tema della fine della privacy. Questa discussione avvenne all’indomani delle prime contestazioni di come le principali compagnie high-tech – quelle più grandi – gestivano i dati personali e praticavano la tecnica della profilazione degli utenti in modo non del tutto trasparente. Questo è avvenuto appunto per le principali compagnie high-tech come Facebook, Google, Amazon, ma anche per tantissime altre realtà più piccole, in un contesto relativo al tema della privacy e quindi di come le persone inseriscono e condividono determinate informazioni personali in piattaforme che ormai tutti noi utilizziamo quasi quotidianamente.

La domanda che ci poniamo quindi è la seguente: È realmente finita la privacy? Hanno vinto le grandi compagnie high-tech, e di conseguenza in gli innumerevoli servizi sono più importanti rispetto alla tutela dei dati personali delle persone?

Anche in questo caso si è aperto un dibattito, sia da un punto di vista culturale sia da un punto di vista istituzionale, e la risposta è stata univoca: Non è finita la privacy, si sta solo modificando nel tempo e si sta adattando a un contesto sociale ed economico in profondo cambiamento.

Dunque stiamo passando da una privacy di stampo anglosassone – quindi di tutela dell’individuo e della propria area personale, che non deve avere infiltrazioni da parte di agenti esterni, dunque una tutela della privacy completa – a una privacy negoziata, ovvero ognuno di noi quotidianamente contratta, negozia ciò che decide o vuole cedere come informazioni personali (ad esempio foto che decidiamo di pubblicare su un social network e quindi all’interno di una cerchia di persone che comunque ottiene delle informazioni su di noi che noi liberamente condividiamo, così come quando inseriamo determinati dati quando abbiamo bisogno di spostarci in una città attraverso un’applicazione, o come l’utilizzo di un servizio di una pubblica amministrazione per ottenere degli sconti o delle facilitazioni in termini di servizi).

Quindi questa negoziazione costante e quotidiana porta a una modifica del concetto di privacy e a un’attenzione totalmente diversa rispetto a come prima veniva considerata. Ed è in questo dibattito e in questa evoluzione normativa di tutto il fenomeno di tutela della privacy delle persone che si è inserita anche l’Unione Europea, con una normativa ad hoc che è uscita qualche anno fa – il famoso GDPR, il Regolamento Generale per la Protezione dei Dati –, che vuole sempre di più porre l’attenzione nei confronti delle aziende che maneggiano informazioni personali e degli utenti che invece decidono di riceverle, in un’ottica di sviluppo anche normativo che sarà in costante sviluppo in questi anni proprio per il proliferare di tutto ciò che riguarda la nostra identità digitale.

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